L'isola dei favolosi

Vincere e perdere…

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar


    Group
    Amministratore
    Posts
    61,740

    Status
    Anonymous
    dal web.....

    Poiché “la vita è un gioco”, molte sono le situazioni che ci vedono vincitori o vinti; ma sia che si tratti di competizioni facili e innnocue, sia che si tratti di tenzoni all’ultimo sangue, si ha un bel dire “l’importante è partecipare”, perché ormai è assodato e purtroppo insito nell’animo umano che l’importante sia sempre vincere.
    “A giocare e perdere son buoni tutti” dicono gli spagnoli; conquistare una vittoria comporta attenzione massima nel curare anche i minimi particolari: infatti un proverbio russo recita “per un chiodo si perde un ferro di cavallo, per un ferro si perde un cavallo e per un cavallo si perde un cavaliere”, e tutti noi sappiamo che “per un punto Martin perse la cappa”.
    Soprattutto colui che guida alla vittoria è responsabile del risultato; “chi per piacere a uno dispiace a un altro, perde cento per cento” dicono gli inglesi, mentre i cinesi affermano “un esercito di ciechi al seguito di un generale cieco, è condannato alla sconfitta”.
    Per i tedeschi “vince colui che soffre e dura” (per noi “chi la dura la vince”), ossia vince chi fatica di più ma persevera, non perdendo di vista la mèta; solo in “amor vince di chi fugge” (anche se qui ci sarebbe da discuterne), mentre nelle altre tenzoni per “ottenere la palma della vittoria” occorre presenza continua e sollecitudine, oltreché rispetto per i compagni di gara.
    E quando si da’ “scacco matto” facendo “cappotto” all’avversario, è giusto e umano sì esultare, mantenendo però una signorile calma e rispetto per l’avverario: guai ai vinti lo dicevano i barbari.
    “Al vincitor la preda”, è risaputo: ma che non sia sbranata in egoistica solitudine. “Il vincitor firma la pace con la spada”, certo; ma che non giunga ad umiliare gli sconfitti gridando troppo presto - appunto- “Vae victis!” perché, come affermano i danesi, “una cosa è il vincere, altra il servirsi bene della vittoria”.
    A questo proposito gli austriaci dicono “il vinto piange, ma il vincitore è morto”; poiché “la vittoria ha cento padri e la sconfitta è orfana”, ed esistono orde di sconfitti sempre disposti a “saltar sul carro del vincitore” rischiando di farlo franare sotto il peso. Ma spesso è anche bene non fidarsi di questi nuovi arrivati inneggianti alla vittoria poiché, come ricordava Marcello Marchesi in una poesiola intitolata Premio letterario: “brindan tutti alla salute del vincitore / con un bicchierino di livore”.
    Poiché vincere implica spesso enormi responsabilità, mal gestirle può avere come conseguenza per il vittorioso quella di “perdere la faccia” definitivamente; per questo Victor Hugo era solito ripetere “Niente è stupido come vincere: la vera gloria è nel convincere”.
    Infine tener sempre a mente il detto “chi vince non dileggi, chi perde non s’adiri”, perché “sconfitte e vittorie non son mai per sempre”. Le ultime molto spesso sono ottenute “ai punti”, “a piede zoppo”, “di stretta misura”, “di corto naso”, quando non sono vere e proprie “vittorie di Pirro”.
    E per gli sconfitti può essere consolatorio ricordare quello che dicono i veneziani “se ho perso i anei, non ho perso i dèi” (se ho perso gli anelli, non ho perso le dita); “tutto è perduto fuorché l’onore” significa “anche se sei rimasto in braghe di tela puoi ricominciare a lottare ugualmente” facendo però – per la prossima volta - tesoro dell’antico proverbio francese “le sconfitte sono grandi maestre”.

     
    Top
    .
0 replies since 8/1/2008, 17:19   99 views
  Share  
.
Top
Top