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Una delle menti più illuminate del XX secolo, Albert Einstein, lo aveva espressamente detto: "Se le api dovessero scomparire dalla faccia della Terra, all'uomo non rimarrebbero che cinque o sei anni". Un avvertimento senza mezzi termini, a testimoniare il ruolo fondamentale che questo tipo di insetto occupa nella catena alimentare.
Il problema è proprio questo: le api stanno scomparendo davvero, come è stato ufficialmente annunciato da diversi istituti di ricerca. E in questi ultimi mesi la questione pare abbia raggiunto livelli decisamente preoccupanti, soprattutto per il fatto che non esisterebbe rimedio.
La moria di api in Europa, Americhe e Asia ha raggiunto livelli d'allarme, mentre gli scienziati stanno cercando di identificare una causa o una serie di cause, che con molta probabilità verranno identificate nell'eccessivo uso di insetticidi, fitofarmaci, Ogm, inquinamento atmosferico, cambiamenti climatici troppo repentini, mancanza d'aqua, elettromagnetismo causato dalle centinaia di migliaia di antenne a bassa o alta frequenza e le onde trasmesse dagli oltre 4 miliardi di telefoni cellulari in giro per il mondo (che, per inciso, è scientificamene provato causino problemi non indifferenti anche allo stesso organismo umano).
Le api sono importanti, anzi, essenziali alla sopravvivenza del genere umano. Il perchè forse non è largamente risaputo, ma consiste nell'equilibrio dell'ecosistema dato dalla loro funzione primaria, ovvero l'impollinazione di piante e fiori. Senza questa azione piante da frutto e vegetali sono destinati a scomparire. E senza queste piante, comprese soprattutto avena, frumento, grano e quant'altro, verrà a mancare il naturale nutrimento di una vasta gamma di animali, dai quali noi traiamo molti generi alimentari fra cui carne, uova, formaggi, latte, e molto altro.
Alcuni dati su questi fati sono stati forniti dalla APAT (Agenzia Protezione Ambiente e Servizi Tecnici): nel 2007 in Italia il numero di api si è dimezzato; in Europa la perdita è fra il 30 e il 50%, negli Stati Uniti si arriva al 70% e il fenomeno è già stato catalogato come "Colony Collapse Disorder".
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