L'isola dei favolosi

La storia dello Statuto dei Lavoratori

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    Lo Statuto dei Lavoratori, che porta la data del 20 maggio del 1970, segna uno spartiacque nelle relazioni industriali, riformando i rapporti di lavoro in azienda. Sulla legge hanno pesato l'autunno caldo del '69 e ancor prima i movimenti del '68.

    Un collegamento non negato da chi è stato considerato il padre stesso dello Statuto, Gino Giugni, (scomparso a alla vigilia del quarantennale della legge nel 2010) che la definì ''il frutto di una felice congiunzione tra la cultura giuridica e il movimento di massa''. Con lo Statuto - si disse allora e anche negli anni successivi - la Costituzione varcò i cancelli della fabbrica.

    Il primo a sottolineare la necessità di uno Statuto dei diritti dei lavoratori fu Giuseppe Di Vittorio, leader carismatico della Cgil del dopoguerra, nel congresso di Napoli del 1952. Nei fatti, prima dello Statuto gli articoli 39 e 40 della Costituzione (rispettivamente la libertà di organizzazionesindacale e il diritto di sciopero) non erano stati applicati.

    Era il codice civile, con i contratti collettivi, a disciplinarei rapporti di lavoro. Mancava, dunque, un 'cappello legislativo'ai diritti gradualmente riconosciuti e conquistati negli anniCinquanta e Sessanta. Il disegno di legge fu proposto dal ministro del Lavoro socialista, Giacomo Brodolini, ex sindacalista (fu vice segretario generale con Di Vittorio) morto troppo presto, a soli 48 anni, per vedere approvata la legge.

    Fu lui ad affidare ad una commissione di esperti, presieduta appunto dal giovane giurista Giugni, il compito di elaborare il testo. Così come fu decisivo, per l'approvazione della legge, il ruolo di Carlo Donat Cattin, successore di Brodolini alla guida del ministero che proseguì nella sua linea d'azione.

    L'articolo sicuramente più conosciuto dello Statuto è stato il diciottesimo, quello che disciplinava il reintegro in azienda del lavoratore licenziato senza giusta causa, diventato un simbolo dopo lo scontro nel 2002 tra il governo e la Cgil.

    Una norma, questa, ormai modificata con la riforma del mercato del lavoro. Vanno però ricordati anche altri articoli: il primo, intanto, sulla libertà di opinione che sancisce il diritto deil avoratori di manifestare liberamente il proprio pensiero nelrispetto della Costituzione nei luoghi dove prestano la loro opera; poi l'articolo 5 che vieta gli accertamenti sanitari da parte del datore di lavoro; l'articolo 8 sul divieto di indagini sulle opinioni; l'articolo 14 che riconosce il diritto dicostituire associazioni sindacali e di svolgere attività sindacale a tutti i lavoratori nei luoghi di lavoro.

    E ancora: l'articolo 19 che attribuisce ai lavoratori la facoltà di formare rappresentanze sindacali aziendali. Da menzionare anche l'articolo 20 sul diritto di assemblea e l'articolo 28 sulla repressione della condotta antisindacale.

    L'iter per il varo della legge durò diversi mesi. Il 24giugno del 1969 il testo contenente le ''Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento'' fu presentato in consiglio dei ministri, l'11 dicembre fu approvato dal Senato, quindi il 14maggio dell'anno successivo arrivò anche il via libera dellaCamera con un ampio consenso. Si astenne il Pci pur apprezzando il testo e le modifiche apportate durante la discussione parlamentare. Ma i comunisti chiedevano che nei luoghi di lavoro fosse riconosciuto uno status anche ai partiti. Una richiesta che non passò.

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    Mi ricordo, :( purtroppo tutto perso oggi :(
     
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